Viaggi ed altri viaggi è una raccolta di racconti e articoli di viaggio, scritti da Antonio Tabucchi in sedi disparate, pubblicati su vari giornali e riviste, e qui riuniti, “cuciti” in maniera singolare in un unico volume, edito da Feltrinelli nell’autunno del 2010. Tabucchi è stato uno degli scrittori italiani più fertili. Molti sono stati i libri che ci ha regalato come molti sono stati i viaggi che ha intrapreso. Il suo amore per la scrittura è un amore profondo e viscerale, così come il suo desiderio profondo di muoversi, di vivere l’altrove per scoprire e conoscere, immergersi nella cultura di popoli diversi e capire, fino a sentirsene parte integrante. Un navigatore d’altri tempi dunque, conoscitore di popoli e culture, appassionato della vita in ogni sua forma oltre che scrittore, colto uomo di lettere e storia. Scrive Tabucchi: “…ho visitato e ho vissuto in molti altrove. E lo sento come un grande privilegio, perché posare i piedi sul medesimo suolo per tutta la vita può provocare un pericoloso equivoco, farci credere che quella terra ci appartenga, come se essa non fosse in prestito, come tutto è in prestito nella vita. Lo aveva scritto anche il grande poeta greco Costantino Kavafis nella sua poesia intitolata Itaca: il viaggio trova senso solo in se stesso, nell’essere viaggio..”. Ed è forse questo il grande insegnamento che Tabucchi ci offre: il viaggio è come la nostra esistenza, il cui senso principale è quello di essere vissuta.
Tabucchi afferma infatti di non aver mai intrapreso viaggi per poterne poi scrivere. Tutti i viaggi della sua vita sono stati fatti per il puro gusto di viaggiare. Fare viaggi per avere poi materiale su cui scrivere sarebbe una cosa stolta, afferma, “.. sarebbe come se uno volesse innamorarsi per poter scrivere un libro sull’amore.”. A volte, durante i suoi viaggi, Tabucchi ha portato con sé un taccuino;altre volte non ha scritto nulla. “..Tuttavia i luoghi sono prepotenti. Ti restano addosso come certi odori e ne viene assorbita anche la scrittura. E’ il materiale reale delle cose.. la crosta del mondo, ha una sua forza che s’impone sui pensieri…prende il sopravvento anche sull’ego dello scrittore..”.
Più che descrivere minuziosamente i luoghi, Tabucchi narra, racconta i suoi viaggi e tutto quello che in un viaggio può accadere: incontri, casualità, imprevisti grandi e piccoli che siano, che vanno a caratterizzare quel viaggio, rendendolo degno di essere raccontato agli altri.
Partendo dall’infanzia (durante la quale cominciò la sua smania di muoversi e di viaggiare, grazie alla sua una buona dose di fantasia e creatività alimentata soprattutto dal libro “magico” L’isola del tesoro, e dall’atlante De Agostini) iniziò a farsi un’idea di ciò che avrebbe potuto essere il mondo che lo circondava. “..Era quello, il mondo. E quella è stata la mia prima idea della Terra. Per me era immutabile e sicura..”. Ben presto però scoprì che l’atlante dava una visione molto riduttiva del mondo che, in realtà, era complesso e, nella sua complessità, affascinante. Scrive: “..Non è vero che il mondo è piccolo, non è neppure vero che è un villaggio globale, come pretendono i mass media. Il mondo è grande e diverso. Per questo è bello: perché è grande e diverso, ed è impossibile conoscerlo tutto..”.
Ed ecco che parte, si aggira alla ricerca di particolari intimi che esprimano in profondità l’essenza del luogo e il motivo del viaggio. Lo si vede a Firenze, Pisa (città tanto cara al Leopardi), nella Genova di De André, in Francia, alla scoperta di angoli che non trovano spazio sulle guide turistiche: Place de Furstenberg e il Jardin des Plantes a Parigi; il “cimitero marino” di Sète, in Linguadoca, con la tomba di Paul Valery ;e poi in Spagna: una visita al Prado di Madrid con i suoi Goya e all’Escorial dove c’e’ un ”Velazquez ”che a una prima occhiata sembra un Piero della Francesca;o nella Barcellona di Mercé Rodoreda; ;e ancora il suo amatissimo Portogallo, in quella Lisbona che ha fatto da scenario a tanti suoi scritti, la patria del suo alter ego, il poeta portoghese Fernando Pessoa; e la Grecia in particolare Creta con i suoi picchi impervi, le gole dantesche, gli altopiani maestosi, i dolci colli; e ancora l’India, l’America e l’Australia. Su un planisfero, in coda al libro, sono segnati tutti i luoghi di cui si racconta. Ma su questa mappa singolare ci sono anche gli altri viaggi, viaggi non fatti realmente, fisicamente, ma per interposta persona grazie alla letteratura, alla poesia, grazie alla penna e allo sguardo di grandi poeti e scrittori di lui letti e amati: Pessoa, Sophia de Mello Breyner, Paul Valéry, Borges e Stevenson. Sono tanti i riferimenti letterari presenti nel testo tanto che Paolo di Paolo, curatore del libro, ha composto un curioso indice intitolato “I libri di questo libro”, in cui si ritrovano tutti i libri presenti nel testo. Non è quindi questo solo un libro di viaggi geografici, ma è anche un libro in cui si viaggia negli altri libri: la narrativa, la poesia, la letteratura, rappresentano per Tabucchi spesso un’ottima agenzia turistica. Attraverso i viaggi così come attraverso i racconti dei viaggi che ci vengono offerti da altre persone impariamo anche a conoscere qualcosa in più di noi stessi perché, come dice Tabucchi, “un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati.” Scoprire quei luoghi, scrive Tabucchi è un po’ “..come esplorare gli insondabili abissi dell’animo umano, con le infinite gradazioni dei sentimenti che ci nutrono, dalla tolleranza al rancore, dall’odio alla vendetta al perdono, dal tenero amore filiale fino alla passione più furibonda..”.
Il viaggio è andare, sostare, ripartire. Il viaggio è la capacità di osservare,durante la sosta, il mondo attorno a noi e di riuscire a ricollegare le persone ai luoghi. Un viaggio è fatto di persone, nomi, case, ma anche di libri e racconti. Nell’uno e nell’altro caso – nei viaggi effettivi e in quelli evocati dalla letteratura – Tabucchi ci invita quindi a vedere e a restare, a muoverci e a ritornare, perché il mondo è sempre un altrove, una scoperta di noi stessi attraverso gli altri; perché gli uomini, a differenza degli alberi, -scrive- sono esseri che possono muoversi, deambulare sulla crosta di questo nostro piccolo mondo.
Silvia Mangieri