“Take the time to make some sense / of what you want to say”. Ovvero “cogli l’attimo per dare un senso a ciò che vuoi dire”: comincia così “The masterplan”, pezzo degli Oasis che ispira il titolo del romanzo di Damiano e Ilario Verda. È forse proprio questo attimo per dare un senso al tempo che sta cercando Riccardo, il protagonista: ha deciso di allontanarsi da Milano, e dalla sua compagna Luisa, per tornare, almeno per qualche giorno, al piccolo paese ligure in cui è nato e cresciuto.
“And cast your words away / upon the waves”. E getta via le tue parole sopra le onde”. Riccardo ne avrebbe, di parole da affidare con un misto di rabbia e di speranza alle onde. Parole che probabilmente non riuscirebbero a nascondere l’amarezza per una vita che si potrebbe definire di successo, ma scivola via troppo diversa dai suoi sogni di bambino.
D’altronde, lo cantava anche Vecchioni: “Perché sognare è facile / ci vuol più fantasia per camminare”. Riccardo non avrà tempo per riflettere, e dovrà usare tutta la sua fantasia, quella fantasia che temeva di avere perduto, per camminare. Alla ricerca della verità, e nel tentativo di allontanarsi da un inatteso pericolo.
Appena tornato al paese infatti, ritrova nel suo orto un coltello insanguinato e poi, nel pozzo, un cadavere. Non è solo, a fare questa scoperta: gli fa compagnia Aldo, suo maestro e mentore. Ma Aldo, pur mantenendo lo spirito dei vecchi tempi, ha un’aria sfuggente. Come se nascondesse qualcosa e, al contempo, quasi si stupisse di Riccardo, del suo allievo, e della sua incapacità di intuire quel segreto.
Sarà soltanto stanchezza? Sarà la crisi con Luisa, che è rimasta a Milano, lontana? Ci si mette anche la neve che, dopo chissà quanti anni, è tornata al paese insieme a Riccardo, come a sottolineare, una volta di più, l’eccezionalità della situazione. E ci si mettono anche i giornalisti, attirati dall’insolito caso di cronaca nera in un piccolo paese, mai salito prima alla ribalta delle cronache. Uno in particolare, un certo Depretis, si fa particolarmente insistente.
Vuole raccogliere informazioni, di prima mano. Siamo all’inizio degli anni duemila e i social sono ancora lontani, specialmente in quel piccolo mondo che è il paese: un mondo che però, per quanto in miniatura, Riccardo lo scoprirà a sue spese, non manca della spietatezza e della meschinità che più comunemente si attribuisce alle metropoli.
E, in mezzo a tutto questo, Marisa. Marisa, che Riccardo aveva lasciato bambina, poco dopo la morte del padre, e che ora ritrova donna, e proprio al centro di quella brutta faccenda di coltelli e cadaveri, di mezze verità e segreti inconfessabili.
La caratteristica che colpisce di più del romanzo è forse proprio la figura di Riccardo: un investigatore assolutamente sui generis, che non nasconde (neppure a se stesso) le proprie incertezze, eppure non rinuncia a cercare di afferrare il bandolo di quella matassa così intricata.
Un protagonista molto umano, che sa lasciare spazio ai comprimari: determinato a capire, ma senza avere l’ambizione di giudicare. Un po’ come se “The Masterplan”, in controluce, nascondesse anche il titolo di un altro brano, di Felix Mendelssohn, che ci farà compagnia lungo il romanzo: “On wings of song”, “Sulle ali della canzone”. E così quelle parole che si volevano affidare alle onde finiranno, dopo essersi scontrate con dolorose e inattese rivelazioni, per trovare, nella musica di un nuovo inizio, la forza di librarsi verso la verità, verso il futuro.
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