Il grande scrittore giapponese Haruki Murakami, giunto ormai a totale maturazione (è oggi settantaduenne) e a vette speculative e narrative inimitabili dai più, pubblica una raccolta di brevi riflessioni di carattere biografico: il libro è Prima persona singolare, edito in Italia da Einaudi (2021).
Murakami ha anche composto un altro pamphlet dal titolo Abbandonare un gatto, uscito poco tempo prima (2020), e Prima persona singolare si pone decisamente in quest’ultimo solco.
Altri capitoli invece sono espressamente dedicati a profili musicali, dai Beatles al jazz di Charlie Parker (sassofonista statunitense particolarmente apprezzato dall’A.).
Non manca, come accennato, il geniale tratto speculativo e fiabesco di Murakami (ad esempio nel dialogo con la Scimmia, già comparsa ne I salici ciechi e la donna addormentata): lo scrittore è un grande creatore di fantascienza e dunque di sistemi. La sua cerca del sovrannaturale lo rende un bardo molto efficace, e ha lasciato ampia traccia di questa sua capacità in 1Q84, L’uccello che girava le viti del mondo (testi collegati per certi aspetti), L’assassinio del commendatore, Dance dance dance, e in numerosi altri scritti (ad esempio La strana biblioteca, ove di nuovo compare il personaggio profetico e bizzarro dell’Uomo Pecora).
Tutto quanto è raccontato, appunto, attraverso la prima persona singolare, che per comodità si può qui attribuire allo stesso Murakami.
In punto di valutazione critica, Murakami è stato candidato più volte al premio Nobel per la letteratura, senza vincerlo mai. Tema scivoloso, dal momento che la candidatura è in realtà uno strano coacervo di voci di corridoio, dato più che altro da probabilità statistiche indicate dai cd. bookmakers.
Come noto, parte della stampa, anche italiana, ha sempre lamentato la mancata assegnazione di detto premio allo scrittore ebraico statunitense Philip Roth: giusta mancanza ad avviso di chi scrive, dal momento che Roth non ha inteso elevare l’arte della narrazione ad un livello gnoseologico e di impianto, per sua stessa volontà. Di conseguenza neanche avrebbe avuto senso tale gagliardetto; medesimo discorso si può applicare a Franzen, a McEwan, per certi versi a Foer (o allo stesso Hishiguro, che peraltro il Nobel lo ha vinto). Costoro infatti si pongono in un’altra corrente letteraria, quella sartriana o del disagio; dunque dedicano la loro opera alla descrizione di mezzi di sopravvivenza oppure, più drasticamente, alla mera illustrazione del dolore di vita che colpisce loro oppure i loro personaggi.
È vero invece che il legendarium di Murakami si segnala per la sua imponente valenza etica, esistenziale, di legame con il folklore giapponese, oltre che per la riflessione – fondamentale oggi – sul ruolo della solitudine nella farsesca dittatura della compagnia: Murakami applica questo ragionamento all’iper-produttiva società giapponese.
Rinunciando a qualsiasi velleità accademica, è stato a lungo proprietario di un jazz bar assieme alla moglie. È schivo, nel senso che i suoi libri sono presenti in qualunque parte del mondo: eppure riduce di molto qualsiasi sovraesposizione mediatica, partecipando solamente a convegni o, più raramente, a interviste.
Egli è autore universale, appassionato di cultura statunitense. Ha tradotto Raymond Carver e ama Lee Child (!), per dire. La spiegazione è la seguente: gli Stati Uniti hanno una tradizione storica recente, per così dire giovane, anche soft sotto molti punti di vista. Nulla a che vedere con l’ingombrantissima matrice degli europei, inconsapevolmente affossati dal peso di un’età insopportabile (e indicibile, come una signora molto anziana). L’individuo giapponese ha anch’egli una lunga storia, ma si sa, quella cultura si celebra proprio per la sua estrema compattezza filosofica e di dignità. Ecco dunque sinteticamente spiegato il cortocircuito che rende il profilo di Haruki Murakami così venerabile e unico nel suo genere.
https://www.ilmessaggero.it/moda/news/moda_haruki_murakami_t_shirt_uniqlo-5808738.html
Egli è senza dubbio uno scrittore completo, anzitutto un autore di letteratura. Per di più è capace senza dubbio di scrivere libri molto avvincenti, che mischiano, nel comunicare con lettori giovani, componenti orrorifiche e latamente oniriche.
https://www.illibraio.it/news/dautore/murakami-prima-persona-singolare-1399677/
Infine è persona che rifugge il ruolo totalizzante dello scrittore: scrive, sì, ma soprattutto ama correre, ascoltare musica (classica, jazz e pop) e comprendere molte delle bizzarrie della vita umana.
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