Nel nome di Dio, la cruda, coraggiosa e coinvolgente storia di Flora Jessop, donna nota per essere riuscita a fuggire dalla Chiesa fondamentalista di “Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni” (FLDS), una delle comunità religiose fondamentaliste più ambigue degli Stati Uniti.
In questa autobiografia la Jessop, nata e cresciuta in una vera e propria setta che pratica la poligamia, spesso accusata di matrimoni con minorenni, denuncia coraggiosamente la schiavitù in cui è stata tenuta e i continui abusi sessuali subiti.
È il racconto straziante di una bambina vittima della pedofilia, che ha perso troppo presto la sua purezza e la gioia dell’infanzia nell’intento di perseguire quella che, secondo la congregazione, sarebbe una sorta di santità. Di un’adolescente violentata fisicamente e psicologicamente che tenta ripetute fughe per affrancarsi dall’inferno quotidiano, in cui si esalta la modestia e la laboriosità femminile, il disprezzo del corpo, del sesso e della malattia. E infine di una donna vittima di assurde costrizioni spirituali, unioni forzate, abusi sessuali, leggi insane che prevedono la sottomissione e la cieca obbedienza al maschio, legittimo adepto di Dio, che la renderanno incapace di gestire la sua emancipazione, fino a sviluppare impulsi autodistruttivi.
È possibile che, nel bel mezzo degli Stati Uniti d’America, accadano ancora cose del genere?
La risposta è sì. Il libro è un perfetto spaccato di un microcosmo chiuso, inaccessibile e antiquato che afferma la sacralità del matrimonio plurimo (bandito nel 1890, tuttavia ancora vivo in questo secolo), con cui l’uomo prende altre mogli mentre è ancora sposato con la prima, e le porta a vivere nella casa coniugale. Questo rende la donna un accessorio, una nullità, costringendola a piegarsi ai voleri dei genitori e del proprio marito. Ed è la riprovazione di una comunità che, imponendo una cieca obbedienza, conduce inevitabilmente sull’orlo del tracollo psicologico ed emotivo delle persone.
Nel nome di Dio è anche una storia di speranza e riscatto di una donna che, attraverso un duro percorso di crescita e recupero, momenti bui e fallimenti, è riuscita ad affrancarsi da un doloroso passato, conducendo una lotta contro più di mezzo secolo di indifferenza e dedicando infine il suo tempo a chi, come lei, è stato vittima della chiesa fondamentalista.
Rischiando la vita, Flora Jessop è diventata un’eroina popolare per la sua difesa delle innumerevoli vittime di abusi perpetrati all’interno della comunità fondamentalista. La sua storia di riscatto è notevole, la difesa di coloro che tentano di liberarsi, ispiratrice.
Stephen A. Kent, Prof. del Dip. di Sociologia e Studi Religiosi, Università di Alberta
Flora Jessop, soprannominata la Martin Luther King del movimento contro la poligamia, è stata la prima donna a rivelare al mondo l’abominio della Chiesa Fondamentalista di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Fuggita a soli sedici anni, oggi vive a Phoenix, dove si batte per i diritti delle vittime della poligamia.
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