Con L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio Murakami è tornato in libreria con Einaudi dopo il monumentale lavoro che è stato 1Q84, un esempio magistrale di come la distopia orwelliana sia ancora in grado di dare tantissimo ai grandi artisti, capaci di rielaborarne le caratteristiche principali senza scadere nell’imitazione.
Murakami torna in libreria e lo fa con un romanzo preceduto da un pregevolissimo book trailer, che è riuscito a conquistare l’apprezzamento anche di chi non ama questo genere di promozioni librarie. La sua eleganza riesce ancora a rappresentare la caratteristica principale in grado di emergere sia nella promozione sia nel romanzo effettivo, già molto apprezzato dai fan che sono sempre in trepida attesa dei suoi lavori.
Il libro inizia parlando della storia di un’amicizia tra 5 ragazzi, un sentimento puro, entusiasta e altrettanto sincero. Le cose cambiano però quando uno di loro, Tazaki Tsukuru, riceve una telefonata dagli altri, che lo intimano di non cercarli più senza dare alcun motivo. Tsukuru è al secondo anno di università e questo fatto distrugge letteralmente la sua serenità, portandolo in un abisso di depressione dove arriva molto vicino a voler morire.
Passati sedici anni decide che non può più convivere con l’ombra di quell’abbandono e decide di rintracciare i suoi vecchi amici per scoprire i motivi dietro a quella fortissima decisione. Murakami propone una straordinaria riflessione sulla felicità e sull’amore, proponendo al lettore un lavoro che è molto simile a un romanzo di formazione, ma che mantiene quella grazia tipica del mondo orientale e della penna di uno degli autori più abili del panorama letterario mondiale, che è riuscito a fondere la tradizione del manga con trame di straordinaria potenza e attualità.
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