Torna in libreria uno tra i migliori autori di narrativa di tutti i tempi, David Grossman. Nato a Gerusalemme nel 1954, questo scrittore è famoso per l’impegno profuso nel cercare di trovare una soluzione pacifica ai problemi della Palestina. Alla questione palestinese ha anche dedicato alcuni suoi scritti d’inchiesta. I suoi romanzi hanno riscontrato nel corso degli anni il favore del grande pubblico, ma anche della critica, portandolo a vincere importanti premi, come ad esempio il Man Booker International Prize nel 2017 con “Applausi a scena vuota”.
Il suo nuovo romanzo “La vita gioca con me” edito dalla casa editrice Mondadori è caratterizzato da una narrazione di straordinaria intensità. È un romanzo che fa riflettere su che cosa le scelte che la vita ci impone comportano. Ogni scelta, è questo che alla fine del romanzo si evince, comporta l’esclusione di qualcosa dalla propria vita, di qualcosa di importante, di qualcosa il cui abbandono non può che creare dolore. Ogni persona cerca come può di ricomporre questi frammenti di sé che vengono abbandonati durante il cammino, tentativi spesso maldestri e che non portano i risultati sperati. Ma, così è la vita!
Andiamo insieme a scoprire in breve la trama di questo romanzo. Per la festa dei novant’anni di nonna Vera, Nina è tornata. Ha intrapreso un lungo viaggio per raggiungere il kibbutz, perché si trovava in Artico, ma finalmente è a casa. Sua madre è euforica all’idea di avere di nuovo Vera con sé, mentre sua figlia Ghili è piena di rabbia. Anche Rafi, il padre di Ghili, è felice di rivederla, un uomo che da sempre la venera neanche lei fosse una dea, un uomo che al suo cospetto perde ogni difesa.
Nina non è certo tornata dalla sua famiglia solo per festeggiare il compleanno di Vera. Nina vuole infatti che sua madre le racconti qualcosa del passato, quando era una giovane ebrea croata e viveva in Jugoslavia, quando si era innamorata di MiloŠ, un figlio di contadini serbi senza terra. MiloŠ andò in prigione in quegli anni. Venne infatti accusato di essere una spia, ma lo era veramente? E perché Vera era stata mandata in un campo di rieducazione all’età di appena 6 anni e mezzo, abbandonato lì da tutti quanti?
Non non vuole solo ottenere delle risposte. Vuole tornare in quei luoghi della sua infanzia, luoghi dove ha vissuto un vero e proprio orrore, luoghi che hanno segnato per sempre il suo destino e anche il destino di Ghili. E così Vera, Nina, Ghili e Raffi intraprendono questo viaggio, una vera e propria resa dei conti, un’esperienza che finalmente rompe il silenzio che è stato seguito in tutti questi anni e permette a sentimenti ed emozioni di venire a galla. È un’esperienza catartica, affidata ad una videocamera, dove passato e presente si confondono, dove memoria e voglia di mantenere alcuni segreti nell’oblio si intrecciano. La testimonianza che ne viene fuori è imperfetta, ma almeno è qualcosa di tangibile, non più un silenzio in cui non si ha accesso.
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