“La montagna è lì, immobile, apparentemente eterna e silenziosa; i suoi abitanti no invece, crescono, si riproducono e si adattano a quel luogo. Tra queste distese ghiacciate un uomo e un animale si studiano e si sfidano, cercano ardentemente lo scontro ormai da tempo.
L’uomo è un cacciatore, un eremita della montagna, che vive chiuso tra le quattro mura della sua baita, sottomesso al potere del suo fucile e alla necessità di sopravvivere. L’animale è un camoscio, ma non uno qualsiasi,il re dei camosci, il più forte che quel luogo e quel branco abbiano mai visto, cresciuto senza la mamma uccisa dal cacciatore stesso.
La bestia vuole quindi vendicare la madre uccidendo il bracconiere e lui invece vuole quell’animale magnifico come suo ultimo grande trofeo di caccia.
Ed è per questo che i due si rincorrono, studiano l’ambiente, i segni sul terreno, saggiano l’aria. Eppure le pagine di questo romanzo scorrono via senza urgenza, manca la tensione e la rabbia che ci si aspetterebbe viva negli occhi dei protagonisti. Lo scrittore partenopeo infatti stempera i sentimenti che ci descrive, opacizza la nostra visuale della storia. Non c’è ne violenza ne bisogno di vendetta.
Il peso della farfalla non è dunque il solito romanzo. Ma cosa legge allora il lettore? Una storia di ricerca, di alti e bassi e soprattutto di crescita, di trasformazione. Erri de Luca è un grande sperimentatore e lo dimostra in questo racconto metaforicamente denso, ricco, che ci riempie senza saziarci.
Un dialogo tra punti di vista diversi, da cui emergono i due protagonisti. Antitesi l’uno dell’altro, esempi di come le circostanze modifichino il nostro essere. Eppure così tremendamente simili.
Il lettore si trova a spaziare sulla vita dei protagonisti, tra passato e presente. Ma è anche al futuro che si guarda, in modo realistico ma senza pressioni. Un futuro che non deve spaventare ma di cui bisogna prendere atto. Un futuro che in questo romanzo priva i protagonisti di qualcosa e li indebolisce, ma che non tormenta.
Gioca con i nostri sensi Erri de Luca, li seduce e li sfrutta per renderci la descrizione di un’ambientazione suggestiva, fatta di suoni ed immagini che stuzzicano le nostre emozioni. E il lettore si trova all’improvviso emotivamente legato a questo racconto, a quel luogo e ai suoi personaggi.
L’autore quindi non lascia il lettore libero di guardarsi intorno e di giudicare ciò che vede, piuttosto lo tiene incollato lì, fisso sulla scena, accompagnandolo ad un finale dalle considerazioni attualissime e personali.
È un romanzo che ha bisogno di tempo, che va gustato in silenzio; l’ennesima prova delle grandi capacità di narratore moderno dello scrittore napoletano.
Enrico Altamura