Stefano Benni, classe 1947, è uno degli scrittori italiani più noti. Con la sua ironia, la sua dolcezza, ha accompagnato tanti di noi con i suoi racconti e romanzi: come dimenticare libri come Terra, Margherita Dolcevita, Achille piè veloce o La compagnia dei Celestini? Definito il Daniel Pennac italiano, Benni è senza dubbio una pietra miliare dei romanzi satirici italiani.
Ecco alcune delle sue frasi più celebri, tratte dai romanzi di maggior successo dello scrittore e giornalista.
Da Achille piè veloce
La vita di un puntuale è un inferno di solitudini immeritate.
Lei fa tutto “quasi”? Anch’io. Ma nel mio “quasi” c’è un’impossibilità, nel suo c’è una scelta, una noia, un’insufficienza. Lei è qualche volta “quasi” solo?
Solo il dolore insegna cos’è la vita senza il dolore.
Hai un nome a cui rispondi, il nome con cui ti chiamano gli uomini. Ma qual è il nome del tuo mistero, il nome a cui rispondono i tuoi ricordi, le tue paure, la tua ispirazione? Credi che ci sia una parola che può descrivere tutto questo? Non c’è: se ci fosse, sarebbe il nome del tuo buio.. Quanti libri nascosti nel silenzio di chi vive immobile, muto, cieco. Avresti mai detto che dietro una brutta copertina, in una testa così mal costruita ci fosse l’ordine e il disordine di una storia?
Da Margherita Dolcevita
Anche a quattordici anni e sei mesi si può rimpiangere. È presto, dite? E se muori a quindici?
Ho pensato, quasi tutti i film e la tivù e i giochi per ragazzi ci invitano a ridere e stare allegri, così poi vediamo le puntate successive e compriamo i gadget. Però a scuola non possiamo ridere un minuto. La morale è: non dobbiamo ridere quando siamo contenti noi, ma quando sono contenti loro.
Se ti arrendi a quattordici anni, ti abituerai a farlo tutta la vita.
Se i grandi non si sono ribellati, lo faremo noi. La storia ci guarda e non vorrei che vomitasse.
Da Saltatempo
Vidi un gran televisore a colori… Poi ebbi una visione, come l’esplosione di un altissimo fungo atomico di cretineria e le scorie ricadevano su ogni punto del nostro paese, affollate metropoli e sperdute lande, e l’effetto era un rincoglionimento totale, cosmico, indescrivibile. Nessuno aveva ancora capito che quell’elettrodomestico lì era il balcone dei beniti futuri.
Al giornale imparavo grandi cose. Ad esempio che un vecchio di settant’anni in motocicletta si chiama comunque centauro. Che se in consiglio comunale si sono presi a cazzotti in faccia si deve scrivere «seduta accesa ieri in consiglio». Che se un disgraziato viene accusato si scrive «pesanti accuse a carico» e non lo si intervista, se è uno potente si scrive «avviata un’indagine» e si intervista l’indagato perché possa subito difendersi.
Da Terra!
Mangiava e beveva smodatamente: “Nulla teoria, sine hosteria,”diceva e aggiungeva: “Certo non ci si ciba in fondo che di molecole, ma tra un piatto di idrogeno e un pasticcio di maiale, c’è una bella differenza.”
Da l’ultima lacrima
Non esistono uomini cattivi […] se sono cucinati bene.
Neanche a pensarci. Non si muove. Ho un’idea: metto un nastro di samba. I cuori non resistono al ritmo del samba.