Fiesta (Il sole sorgerà ancora) (The Sun alsoRises) è il primo romanzo dello scrittore statunitense Ernest Hemingway, pubblicato a New York nel 1926 e a Londra nel 1927. Il libro ha consacrato il suo autore, allora ventisettenne, tra i più importanti scrittori americani della “lost generation” . Basato su una materia ampiamente autobiografica (i viaggi compiuti da Hemingway con la moglie e alcuni amici in Spagna a partire dal 1923), il romanzo narra proprio le vicende di una generazione perduta, che raggiunse la maggiore età dopo la Prima Guerra Mondiale e che, dopo lo sfaldamento del mito della guerra, sembrava aver smarrito il senso della vita. È la storia di un gruppo cosmopolita di giovani espatriati, con le loro burrascose inquietudini esistenziali e sentimentali. Esponenti a pieno titolo di questa generazione perduta, i personaggi del romanzo si dividono fra complicate relazioni amorose, vecchie ferite di guerra, solide amicizie, ambizioni e la continua ricerca di quella soddisfazione piena che difficilmente l’essere umano sembra riuscire a raggiunge. Tra i possibili titoli, Hemingway aveva incluso proprio The Lost Generation.
Il romanzo,narrato in prima persona da Jake, il protagonista, si articola in due parti, nelle quali l’ambiente svolge un ruolo fondamentale: Parigi nella prima parte, Pamplona e in generale la Spagna nella seconda. Nella prima parte, quella parigina, Hemingway ci presenta i protagonisti, con tutto il loro carico di vizi e passioni,col loro modo di vivere e le loro abitudini. Si incontrano nei diversi bar della città, amano bere fino allo stordimento, condividono gioie, discutono aspramanete, si amano e si odiano. E Parigi li accoglie, con il suo fascino luminoso, con i suoi scorci poetici e la sua vita frenetica, con i suoi bar sempre affollati, i suoi ristoranti che offrono cibi prelibati e vini squisiti, le sue serate e le sue notti bohémien.Tutti gli amici hanno una loro storia. Jake è stato in guerra, ha subito una ferita che l‘ha reso impotente (anche se l’autore non descrive esplicitamente la vicenda,lasciandola per lo più intendere). Nell’ospedale Jake conosce e si innamora di un’ infermiera volontaria, Brett, donna di grane fascino e bellezza, che ricambia il suo sentimento; ma la sua impotenza rende la loro unione impossibile. I due finiscono col separarsi anche se l’amore che li lega rimane vivo. Jake fa il giornalista e vive a Parigi, città che ama proprio per la sua vitalità, quella vitalità che in lui sembra mancare a causa della sua mutilazione. Anche Brett è a Parigi, dedita ad una vita allegra e spensierata anche se solo apparentemente: il distacco dal suo unico vero amore infatti la consuma irrimediabilmente e la donna cerca di soffocare questo dolore abbandonandosi ad una vita frivola fatta di amore passeggeri. Ora è fidanzata con Mike Campbell, discendente da una ricca famiglia, buono a nulla fallito sia nella vita sia finanziariamente poiché ha sperperato la sua fortuna e potrà recuperare i soldi solo alla morte della madre. Nonostante il fidanzamento Brett vive rapporti con diversi uomini, senza tuttavia impegnarsi mai con nessuno. Fra gli amici parigini di Jake, c’è Robert Cohn, un ebreo cresciuto a Princeton in una famiglia ricca. Di carattere timido e introverso fin dall’adolescenza, per recuperare un po’ di credibilità fra i compagni, si è dedicato al pugilato, diventando anche un campione nella sua categoria. Incapace di sviluppare rapporti amorosi, ha finito per sposare la prima donna che gli ha mostrato un po’ d’affetto. Dopo qualche anno e dopo aver avuto tre figli, la moglie lo ha lasciato. Dopo questo primo matrimonio, Robert si lega ad un’altra donna, Frances con la quale va a vivere cercando di colmare il suo bisogno di sicurezza. Con lei Robert si è trasferito a Parigi ed è entrato nel giro degli amici di Jake. Gli amici da una parte lo sopportano, dall’altra lo detestano e non sono rari i casi di accese discussioni. La sua timidezza e il suo solipsismo si complicano nel momento in cui conosce Brett e se ne innamora pazzamente. Bett in realtà prova per lui un sentimento di compassione. Passa con lui una settimana a San Sebastiano, dove il rapporto per Cohn sembra preludere a una vita in comune, mentre per Brett è solo una breve e, alla fine, noiosa parentesi. Infine c’è Bill Gorton, l’amico americano di Jake, che lo raggiunge a Parigi con l’obiettivo di fare un viaggio insieme che li vedrà prima a pesca di trote nel torrente Irati a Burguete e poi a Pamplona. Al viaggio si uniscono Mike e Brett e successivamente anche Robert, con il solo intento di star vicino a Brett. La settimana a Pamplona comincia con la visita al recinto dei tori,due giorni prima dell’inizio vero e proprio della fiesta che durerà una settimana. «La fiesta esplose a mezzogiorno di domenica 6 luglio. Non c’è altro modo di descrivere ciò che avvenne». Una marea di gente si riversa in strada fino a notte fonda; fuochi d’artificio solcano il cielo; la grande processione di San Firmino riempie le strade della città, suonatori di tamburi e di pifferi riempiono l’aria con la loro musica, accompagnati dai danzatori; i bar traboccanti di folla, gente che canta, che beve il vino nei famosi otri. Poi finalmente i tori vengono liberati, percorrono le strade che portano all’arena, la gente fugge, li provoca, qualcuno con un panno qualsiasi imita il torero, qualcuno viene colpito dai corni, qualcuno viene calpestato. Jake conosce uno dei toreri, un giovane di poco meno di venti anni, Pedro Romero, bellissimo e fiero,dal quale Brett rimane straordinariamente colpita e fra i due nasce una forte attrazione. Alla corrida Pedro Romero, nella tradizione classica, dedica a Brett il toro, e alla fine i due escono assieme. È l’inizio di una storia. L’atmosfera di conseguenza si fa sempre più tesa. Fra gli amici nascono discussioni. Cohn, gelosissimo di Brett, si lascia andare a scenate furiose, picchia duramente Jack e poi si reca all’albergo dove picchia duramente anche Pedro Romero, salvo poi pentirsi e piangere, chiedere perdono a Jack al torero e finalmente decidere di partireb. L’ultimo giorno ci sarà una corrida con i tre toreri più in auge del momento, tra cui lo stesso Romero. Gli ultimi capitoli della fiesta sono dedicati a questa corrida, che viene descritta in modo magistrale nei particolari. La figura di Pedro Romero è illuminata in modo particolare, con la descrizione della sua eleganza, del suo coraggio e della sua verità nell’affrontare il toro. Alla fine della fiesta la compagnia si scioglie. Cohn se ne è andato noleggiando una macchina. Brett è col torero. Bill decide di tornare a Parigi per poi salpare per l’America, Mike si ferma a Saint-Jean-de-Luz e Jake decide di passare una settimana rilassante a San Sebastiano. Questi capitoli, dopo il fragore della fiesta, aprono un’atmosfera di tranquilla quotidianità. Ma un telegramma disperato da Madrid di Brett costringe Jake a raggiungerla. Brett ha deciso di separarsi dal torero. Si è resa conto che la sua vicinanza avrebbe nuociuto al giovane, che aveva davanti una luminosa carriera. La differenza d’età sarebbe stata una grave fonte di difficoltà per lui e di sconcerto per lei. L’incontro con Jake riapre nella donna ricordi dolorosi, ma che la fanno ritornare alla vita. Nel taxi che li porta in giro per Madrid si tengono abbracciati. La felicità è tutta interiore. Le parole che si scambiano nell’ultima riga del romanzo non la denunciano se non nel sottintendimento. «Saremmo stati così bene insieme» gli dice lei. «Già. Non è bello pensarlo?» le risponde lui.
È un romanzo apparentemente senza una trama definita. Non è un racconto con un inizio e una fine, ma trasmette al lettore le vicende, le emozioni i rapporti reciproci dei personaggi. L’autore rende con tocco da cronista l’ambientazione fra la Parigi dei Café e la Pamplona della festa di San Firmin, fra le due guerre. Hemingway ci racconta di un mondo che a noi pare tanto irreale quanto affascinante, popolato da giovani americani sradicati, affannosamente impegnati nella contraddittoria ricerca di divertimento e vita da una parte e, dall’altra, consapevolmente dediti a una metodica autodistruzione, sebbene dilusso, che li vede trascinarsi per mezza Europa tra i bar più alla moda e gli alberghi più costosi, tra battute spiritose ma al contempo amare e litri di vino in quantità tali da diventare quasi il vero protagonista del romanzo. Fiesta in fondo è il racconto del profondo disagio di una gioventù estremamente ricca che non ha preoccupazioni materiali, che è sempre stata abituata ad avere tutto e ad ottenere tutto ciò che chiedeva ma che, ad un certo punto, si ritrova a fare i conti con la mancanza di senso che questo comporta. Tale inquietudine giunge al culmine durante i giorni della festa di San Firmino e viene combattuta attraverso l’oblio dell’alcool e il bagliore accecante delle luci del bel mondo. Il linguaggio è diretto, con pochi aggettivi, con dialoghi brevi che vanno direttamente allo scopo, senza cercare di suscitare quell’emozione che sono invece i fatti a provocare. Le descrizioni dei luoghi e dei personaggi sono curate e molto dettagliate e danno al lettore l’idea di trovarsi insieme a quel gruppo di amici strampalati, perennemente sbronzi e rissosi, ad assistere alle crude atrocità della famosa corrida spagnola. In queste pagine lo scrittore raggiunge uno stile già maturo, calibrato tra cronaca e poesia, asciutto, essenziale. Non ci sono digressioni, opinioni, fronzoli. Solo la vita. Distillata, più vera della realtà – come diceva lui. La storia in realtà non va da nessuna parte perché quella che Hemingway celebra è una fiesta di morte e la staticità del romanzo può anche risultare sgradevole a qualcuno, oppure affascinare, senza mezze misure.
Silvia Mangieri
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