Stimolante la riflessione del costituzionalista Sabino Cassese sul ruolo odierno degli intellettuali.
L’agile volumetto (123 pp.) è pubblicato da Il Mulino (collana Parole controtempo, 2021) e consente al lettore di effettuare una veloce disamina di questi misteriosi attori della scena sociale: misteriosi in quanto coloro che sono portatori di un pensiero proprio – o anche reso pubblico – si stanno facendo sempre più rari numericamente, oltre che timidi nell’approccio. Sono messi all’angolo dal populismo, da una parte delle forze politiche, dalla demagogia lenta e invisibile che prospera nei social media, specie quelli più negativi ed effimeri.
Benedetto Croce, esplicitamente richiamato nel testo, li avrebbe raccolti sotto il minimo comun denominatore della “grassa e crassa borghesia”? Cassese, da giurista, procede argomentando, per contrari, per elencazioni, per ricostruzioni complete e affascinanti.
Chi è l’intellettuale, quali sono la sua formazione, i suoi compiti, i suoi destinatari, i suoi difetti: questi sono i quesiti che si pone l’Autore e ai quali contemporaneamente risponde. Fulminante è il richiamo agli apedeuti, ovverosia a coloro che disprezzano la cultura, la tecnica, il sapere, ritenendo di fatto tutti questi campi superflui per la benvoluta superficialità della loro esistenza. Il problema dell’oggi è appunto la venuta ad esistenza della figura del fruitore, o utente: figura che potrebbe addirittura coincidere con quella dello studente, che apprende in quanto incaricato di tale compito. L’intellettuale, ad avviso di Cassese, può presentare diverse sfumature: può essere più o meno indipendente, autonomo, creativo, eccentrico. Ma la sua funzione filosofica è indiscussa, altrimenti si starebbe parlando decisamente d’altro (efficace e divertente l’accostamento di Fichte a Woody Allen: non si tratta forse di personaggi iconici?).
Più e più volte l’Autore sottolinea la fallacia del metodo (richiamando Weber): il diritto tramite il metodo giuridico, l’economia con metodo economico. Sterile e limitante: sul rapporto tra branche tecniche e cultura sta fiorendo tutto un nuovo dibattito, che porterà a risultati inaspettati. In fondo, i grandi rivolgimenti sociali e di diritto sono messi in luce da molteplici branche (letteratura, giurisprudenza, sociologia, ecc.): non sarebbe altrimenti possibile analizzare in maniera completa e soddisfacente i grandi mondi della famiglia, della Costituzione, della sanità (p. 43).
L’intellettuale deve avere caratura morale, anche rischiando di essere malvisto; il timore di offesa porta dunque a un eccesso di pensiero debole. È un sistema di pesi e contrappesi, non dissimile dal noto istituto del diritto pubblico. I pensatori possono rivolgersi a proprie categorie di destinatari (l’A. richiama Gramsci alla p. 61), operando dunque le opportune distinzioni di categoria e concetto, senza che si presenti la necessità di scusarsi, ma solo quella di reinventarsi, adattandosi alle nuove istanze della società. Ecco dunque che l’intellettuale diviene necessario, secondo la ricostruzione fornita.
Buona lettura e buon lavoro.
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