Michele Antonelli (Verona 1976) è un autore che oltre a scrivere i testi dei propri libri ama occuparsi anche delle illustrazioni che li accompagnano. In Neanche gli illuministi emettono più fattura, infatti, il contenuto scritto e quello disegnato vanno di pari passo per un’esperienza di lettura più ricca e appagante. Un libro, questo, nato quasi per caso, come lo stesso autore racconta:
Quando una mattina mi trovai di fronte ad una tastiera, quasi inconsapevolmente le dita cominciarono a correre su di essa. Mentre scrivevo non riuscivo a smettere di ridere, e mi trovai ben presto di fronte ad un racconto di qualche pagina che non aveva né capo né coda. Nacque così quasi per caso, l’idea di mettere insieme una raccolta di situazioni irreali in cui la comicità non-sense si fondesse col gioco di parole, spesso portato alle estreme conseguenze di rovesciamento d’una realtà in cui sia il mondo a doversi adattare al linguaggio e non viceversa.
Una genesi inconsueta che porta a un esito imprevedibile, con ogni racconto che presenta un differente ambito, o situazione, che rappresenta a conti fatti il vero unico punto fermo, attraverso il quale al lettore è consentito un appiglio narrativo: un appartamento, una telecronaca, un bar, un sottomarino… in cui anche il fattore tempo appare come un elemento del tutto ininfluente, superfluo.
In ognuno degli undici racconti presenti all’interno della raccolta esistono sostanzialmente anche uno o più protagonisti principali, i quali si trovano via via a dover far fronte, tramite una loro logica del tutto sganciata del senso comune, a situazioni in continuo divenire farcite di personaggi comprimari dalla natura più imprevedibile e mutevole: oggetti, persone, concetti astratti.
Lasciando scorrere liberamente idee e spunti nati sempre in corso d’opera, l’autore arriva a utilizzo ricreativo della parola: la grammatica cessa di essere una gabbia e diviene un sistema di regole di cui farsi beffa, per piegarlo infine all’unico vero scopo: aprire un enorme campo da gioco dove divertirsi in totale libertà. La formula è dunque quella di giocare con la metrica, la punteggiatura e la morfologia stessa delle parole, mettendo a frutto la lezione della Patafisica (la scienza delle soluzioni immaginarie) nel prendere in giro tutto ciò che sia empiricamente riconosciuto e liturgicamente celebrato, demolire sistematicamente chi si prende così sul serio da rendere il mondo insopportabilmente noioso e stantio.
Antonelli è in questo esperto equilibrista che ben sa come lasciarsi andare alla creatività, anche visto il suo essere da sempre un musicista, con qualche album edito all’attivo di varie formazioni veronesi, come cantante, chitarrista e flautista; ed apprezzato autore di testi, iscritto alla SIAE.
Lui stesso cita come riferimenti tre scuole letterarie: gli americani della beat generation, i maestri del non-sense inglese, da Lear a Carroll;, e i grandi umoristi italiani, da Rodari a Bergonzoni. Forse il lettore più attento potrà riconoscere nella sua opera qualcuno dei loro tratti salienti, oppure semplicemente si lascerà andare al fluire dei racconti, e del loro anomalo e sorprendente stile.
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