Franco Limardi, nato a Roma nel 1959, laureato in Filosofia, ha svolto lavori diversi e da alcuni anni insegna in un istituto di Viterbo. Esperto di cultura cinematografica e sceneggiatore, autore di testi teatrali, ha pubblicato Anche una sola lacrima (Marsilio 2005), Lungo la stessa strada (Perdisa Pop 2007), I cinquanta nomi del bianco (Marsilio 2009). Nel 1999 ha partecipato al premio Calvino con il suo primo romanzo, L’età dell’acqua (Derive Approdi 2001), che ha ricevuto una menzione speciale da parte della giuria. Recentemente, è uscito per i tipi di Mondadori il suo ultimo romanzo, intitolato “Il bacio del brigante”, del quale potete trovare qui la nostra recensione.
WLibri: Buongiorno Franco. Grazie per aver accettato di essere qui con noi oggi. Rompiamo il ghiaccio con una domanda su di te, per farti conoscere un po’ meglio dai lettori di WLibri: chi è Franco Limardi uomo e scrittore?
Franco Limardi: Domanda difficilissima … una domanda trabocchetto, nel senso che rispondendo si corrono molti rischi; quello di dare di sé solo un’immagine accattivante e simpatica, magari anche politically correct, oppure una fosca e maudit, da scrittore tormentato e arrabbiato. Forse sarebbe meglio chiedere a chi mi conosce che tipo di uomo sono e a chi mi ha letto, che tipo di scrittore sono, sarebbe peraltro molto interessante anche per me sentire che opinioni girano sul mio conto. Facciamo così, vi rimando alle mie biografie ufficiali e sanamente striminzite, se poi qualcuno volesse conoscermi meglio, ha a disposizione diversi canali per prendere contatto con me, risponderò a tutti con sincero piacere.
WL: Quando hai cominciato a scrivere e che cosa ti ha spinto a farlo?
FL: Tutto è partito dal fatto che mi è sempre piaciuto ascoltare storie narrate, raccontate attraverso mezzi diversi: i libri, il cinema, i fumetti. Un giorno ho cominciato a immaginare storie che avessero le caratteristiche che mi piacevano di più; diciamo che ho pensato ad una narrativa “su misura”, mi sono chiesto “Che storie vorrei ascoltare, vedere, leggere?” e da lì ho cominciato ad inventare vicende. Dal punto di vista “professionale”, ho cominciato a scrivere per la pagina, pensando ai libri, quando ho cominciato a incontrare difficoltà crescenti con la scrittura cinematografica, non perché non l’amassi più, ma perché diventava sempre più difficile ottenere attenzione per i propri progetti e così sono passato alla narrativa.
WL: Recentemente abbiamo letto e recensito “Il bacio del brigante”, per il quale ti facciamo i nostri complimenti. Com’è nata l’idea del romanzo? Qual è stata o quali sono state le tue fonti d’ispirazione?
FL: Grazie per i complimenti, sono graditissimi. L’idea del romanzo è partita da diverse sollecitazioni, da diverse fonti d’ispirazione; c’era la voglia di uscire dagli schemi della narrativa noir in cui mi ero espresso nei miei altri romanzi; questo non per rinnegare le esperienze precedenti, quanto piuttosto per esplorare “territori” nuovi e personaggi diversi da quelli “metropolitani” e contemporanei. C’è stato poi l’incontro con le vicende storiche del brigantaggio nell’alto Lazio, che ha avuto caratteristiche particolari e diverse da quelle di altri fenomeni briganteschi, come quello più famoso del brigantaggio meridionale. L’incontro con personaggi come appunto i briganti laziali, e soprattutto con alcuni di loro come Domenico Tiburzi, dei quali è ancora forte e vivo il ricordo nell’immaginario popolare e infine l’amore per il cinema western. Rivedendo un grande film di Sam Peckimpah, “Pat Garret e Billy the kid”, mi sono chiesto cosa sarebbe potuto accadere se anche qui in Italia uno “sceriffo” spregiudicato e deciso come Pat Garrett, avesse ricevuto l’incarico di eliminare un “Billy the kid” nostrano, e con lui un mondo e uno stile di vita in contrasto con la modernità avanzante e con dei forti interessi economici.
WL: Abbiamo seguito con interesse l’attività della pagina facebook dedicata al libro. Nel tempo hai pubblicato e commentato diverse fotografie d’epoca, il che ci ha fatto presumere una ricerca delle fonti piuttosto estesa. Una presunzione che è stata confermata da una ambientazione curata nei minimi dettagli, dall’abbigliamento al linguaggio dei personaggi, dalle descrizioni dei paesaggi all’architettura istituzionale dell’Italia post-unitaria. Quanto è durato questo lavoro di ricerca?
FL: Almeno un paio di anni se non di più. Ho iniziato con una ricerca bibliografica condotta sia nelle biblioteche di Viterbo che sui molti testi di storia locale che sono stati dedicati all’argomento; parallelamente c’è stata la ricerca su internet di altri documenti e di immagini, poi ho iniziato a visitare i luoghi, come il Museo del brigantaggio o le riserve naturali di Monte Rufeno e della Selva del Lamone e infine percorrendo il “sentiero dei briganti” un’antica strada che congiungeva Lazio,Toscana e legazioni pontificie in Emilia Romagna e che serviva ai briganti per sfuggire ai gendarmi dei vari governi pre unitari e anche ai carabinieri del re d’Italia …
WL: Scrivere un romanzo storico è una scelta impegnativa. La ricostruzione di una ambientazione che pretende di essere fedele alla realtà dell’epoca costringe ad osservare delle regole precise, nella costruzione narrativa. Quanto spazio hai concesso alle così dette licenze d’autore, nel tuo libro?
FL: Ho cercato di essere il più realistico possibile. Certo ho totalmente inventato la vicenda, anche se per alcuni personaggi ho preso spunto dalla storia reale, però quello che mi interessava era creare una vicenda che fosse plausibile, che attraverso la cura dei particolari, l’attenzione agli oggetti e alle situazioni, la fedeltà ad un linguaggio dell’epoca, restituisse un’atmosfera, un ambiente. Le licenze che mi sono concesse sono abbastanza piccole; la presenza di un’arma costruita negli Stati Uniti che mi piaceva però che fosse nelle mani di uno dei protagonisti; la partecipazioni di un altro personaggio alla battaglia di Adua, piccole licenze insomma, nell’ambito comunque del grande gioco della narrazione.
WL: C’è un autore, o più di uno, o un’opera in particolare che hanno influenzato il tuo modo di affrontare la stesura di questo libro?
FL: E’ una domanda difficile, anche perché durante la stesura del romanzo leggevo quasi esclusivamente saggi storici. Direi che non posso collegare il mio romanzo a qualche influenza in particolare; probabilmente sono presenti tracce di autori, di cineasti, ma nessuno di loro in modo particolare.
WL: Tu sei anche sceneggiatore ed esperto di cinema, per cui la domanda successiva, che è una delle mie preferite, la ritengo particolarmente indicata per te. Se dovessero ricavare una sceneggiatura dal tuo romanzo, chi vedresti bene nel ruolo di Michele Pastorelli?
FL: Bella domanda, ho in mente già tutto il cast o quasi … nel ruolo del vecchio e terribile brigante Pastorelli vedrei bene Michele Placido.
WL: E in quello di Carlo Alberto Carcano?
FL: Eh! Per Carcano indicherei Luca Zingaretti o Giancarlo Giannini se avesse qualche anno di meno.
WL:Émile-Auguste Chartier ha detto che la storia è un grande presente e mai solamente un passato. Quanto sei d’accordo con quest’affermazione?
FL: Sono d’accordo con Chartier nella misura in cui consideriamo i fatti del presente come collegati con ciò che è accaduto nel passato da una linea di continuità. Per nostra natura siamo portati a considerare la Storia come costituita da “capitoli” conclusi, anche per il fatto che la nostra vita è breve, rispetto ai tempi della Storia; basterebbe però pensare al fatto che il prossimo anno sarà il centenario della Prima Guerra Mondiale ed io, che ancora non sono vecchio, ho avuto testimonianze di quella vicenda da mia nonna, che era un’adolescente durante la guerra e da un mio zio che aveva combattuto nelle trincee del Carso. Voglio dire che molto spesso la Storia non è un tempo ormai remoto, ma piuttosto uno “ieri” di cui ancora si possono ascoltare le voci.
WL: Facciamo un salto nel tempo lasciandoci per un momento alle spalle l’Ottocento e torniamo nel 2013. Internet è oggi uno strumento molto utilizzato dagli autori: social network, blog e siti offrono molte possibilità per promuovere la produzione letteraria, consentendo di raggiungere un numero potenzialmente alto di lettori. Abbiamo accennato anche prima alla pagina facebook del tuo romanzo. Qual è il tuo rapporto con la rete e che ne pensi di quello tra la letteratura e Internet?
FL: Sono d’accordo con te che la rete e i social network siano uno straordinario strumento di diffusione, di promozione della letteratura, tanto che me ne sono servito per far conoscere il mio libro e per dare notizia di tutte le presentazioni che ci sono state in questi mesi. Da un’altra parte però, devo dire che questi spazi sono pericolosi per chi scrive, perché si passa molto tempo a “chiacchierare” con gli amici e si ruba tempo a quello che uno scrittore dovrebbe fare … scrivere!Battute a parte, credo sia ormai irrinunciabile servirsi di questi strumenti, anche perché garantiscono un’accessibilità che altri mezzi d’informazione non danno.
WL: Una domanda secca: libro cartaceo o eBook?
FL: Sono banale … il libro devo maneggiarlo e devo vederlo sugli scaffali della libreria … quindi cartaceo!
WL: Che cosa stai leggendo in questo momento?
FL: Ho appena letto “Noi saremo tutto” di Valerio Evangelisti e ho subito iniziato “All’ombra dell’Impero” di Alberto Custerlina; nel frattempo però leggo anche i saggi che mi servono a preparare il prossimo romanzo.
WL: Siamo arrivati alla fine, purtroppo. C’è qualcosa che vorresti dire ai lettori di WLibri, prima di lasciarli?
FL: Mi auguro che chi di loro ha letto “Il bacio del brigante” sia rimasto soddisfatto dalla lettura. Spero che chi ancora non lo ha fatto, abbia trovato stimolante questa nostra chiacchierata, sia invogliato dalla tua recensione e lo legga al più presto; spero infine anche di ricevere le loro impressioni e le loro opinioni sul mio lavoro. Grazie.