Ogni cosa è illuminata è il romanzo d’esordio del giovane scrittore statunitense Jonathan Safran Foer, pubblicato nel 2002. Dal romanzo è stato tratto in seguito un film omonimo, molto apprezzato da critica e pubblico, interpretato da Elijah Wood e Eugene Hütz, cantante dei Gogol Bordello.
“L’origine di una storia è sempre un’assenza”, scrive Foer nelle pagine finali di “Ogni cosa è illuminata”. Parla attraverso Safran e la zingarella, due personaggi fondamentali del romanzo, ma al contempo rivela la radice stessa del suo libro, che nasce dalla propria vicenda autobiografica e trasfigura il viaggio da lui compiuto in Ucraina nel 1999, al fine di raccogliere notizie sulla vita del nonno vissuto negli anni delle persecuzioni naziste. Foer inoltre omaggia lo scrittore Milan Kundera, scegliendo come titolo del suo romanzo una citazione tratta da “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.
Ogni cosa è illuminata è in realtà un duplice romanzo, in cui l’autore stesso figura come personaggio. Jonathan è uno studente ebreo statunitense che, recando con sé una vecchia fotografia di Safran, suo nonno, ritratto da giovane con una ragazza, decide di affrontare un viaggio in Ucraina alla ricerca della donna della foto, presumibilmente la donna che ha salvato suo nonno dalle persecuzioni naziste. Jonathan non possiede molti indizi: conosce il nome dello shtetl, il villaggio del nonno, Trachimbrod, distrutto dai nazisti durante la guerra e quindi ormai cancellato dalle odierne mappe, e ha un nome trascritto sul retro della fotografia, Augustine, che egli spera di poter ritrovare. Il giovane si affida ad un’agenzia ucraina, Viaggi della tradizione, che organizza viaggi “ per ebrei che cercano di disseppellire i posti” ormai cancellati dalla storia, dove un tempo vivevano le loro famiglie. La sua guida è un giovane locale Aleksander,che si fa chiamare Alex, giovane innamorato dell’America,dove sogna di trasferirsi per diventare un commercialista ricco e rispettabile. A guidare la malandata auto dell’agenzia è lo strambo nonno di Alex, che dopo la morte della moglie si dice cieco, anche se ci vede benissimo, e che per questo si accompagna ad una cagnetta maleodorante e “mentalmente depravata” di nome Sammy Davis Jr Jr, in onore del suo cantante preferito.
Al racconto del viaggio dei tre si mescola il racconto della storia di Trachimbrod, da quando nella metà del 700, un carro si rovesciò nelle acque del fiume e da quelle acque emerse poi la bis-bis nonna di Jonathan, Brod, una delle figure letterarie più affascinanti di sempre, in bilico tra leggenda e tradizione, basti pensare che la bambina nacque rocambolescamente proprio mentre i suoi genitori morivano nel fiume; a quando il villaggio fu distrutto dai nazisti e il suo popolo ucciso brutalmente. Le voci narranti sono quindi due: da una parte c’è quella di Jonathan che racconta la storia dello shtetl, e dall’altra quella di Alex che racconta invece il viaggio alla ricerca di Augustine: una sorta di canone inverso, dove l’esposizione del primo avanza, mentre quella del secondo procede in retrospettiva per poi coincidere in un finale molto suggestivo.
Il viaggio conduce i tre da un’anziana donna di nome Lista che si scoprirà essere la sorella di Augustine, nonché una delle amanti di Safran. Unica sopravvissuta al pogrom, sarà proprio lei a raccontare loro di come Trachimbrod sia stata rasa al suolo dai tedeschi, e della morte di Augustine. Alex, il nonno e Jonathan si innamorano della vecchia Lista, simbolo del dolore del popolo ebraico ucraino, tradito da nazisti e dai gentili (ucraini), a cui non resta più nulla, neanche i ruderi degli edifici, se non qualche scatola colma di vestiti e fotografie, raccolti da Lista, che nessuno verrà più a reclamare. Lista rappresenta la memoria di un popolo e di una sofferenza senza tempo: la donna non vuole allontanarsi neanche per un istante dal suo mondo,dal suo passato. Vive in una piccola casa, circondata da girasoli e stracolma di scatole piene di foto, oggetti vari, vestiti che conservano il profumo, i colori e il respiro del tempo che fu e delle persone che li hanno vissuti. Lei conserva per non dimenticare le vite che si sono fermate in quel luogo senza tempo e che meritano di essere curate. È proprio dall’incontro con Lista che verrà fuori anche il terribile segreto che il nonno di Alex porta dentro di sé da anni.
Sono svariati i temi di questo romanzo: l’orrore dell’olocausto e la forza della memoria, l’importanza di non dimenticare mai, di non lasciare mai andare tutto il dolore, tutto ciò che è stato: “Ho riflettuto molto sulla nostra rigida ricerca,- scrive Alex- mi ha dimostrato come ogni cosa sia illuminata dalla luce del passato… dall’interno guarda l’esterno, come dici tu alla rovescia..” , rileggere il passato quindi per illuminare il presente; il tema del viaggio, viaggio come esperienza formativa, un viaggio lento e lungo, in macchina, attraverso i meravigliosi paesaggi ucraini, ma anche il viaggio immaginoso, aggrappato ai fili della memoria, impregnati di vita, amore, vicende tragiche e farsesche; il confronto fra due culture profondamente diverse e lontanissime: l’opulenta America e l’arretrata Ucraina.
Ogni cosa è illuminata è un romanzo ironico e al contempo straziante, ben lontano dagli schemi classici della letteratura, scritto attraverso un linguaggio nuovo e denso, ricco di allegorie e simbolismi. I confini spazio-temporali appaiono molto labili, marcati soltanto dalla profonda differenza di stile dei due scriventi: Alex con il suo inglese sconclusionato, “ucrainizzato”, sapientemente storpiato, saccheggiato dal dizionario dei sinonimi, ricco di improbabili espressioni idiomatiche ma estremamente divertente proprio per la dovizia di errori, rappresenta una sorta escamotage ideato per di reggere il gioco di Foer intento a tessere legami tra presente e passato. Mentre l’ucraino scrive zelanti lettere in cui riferisce della loro rocambolesca e “molto rigida” ricerca, l’americano ci riporta, attraverso uno stile molto tradizionale e ricco di termini Yiddish , alla lentezza del vecchio villaggio ebraico, con le sue spaccature tra Rittisti e Scompigliati, con il suo Libro dei sogni ricorrenti, la pallina d’abaco per ricordare una colpa commessa, macellazioni Kosher, i rotoli della Torah … All’inizio forse la lettura può risultare, proprio per questo, confusa e quindi difficile, ma a mano a mano che ci si addentra nella vicenda si viene catturati sempre di più, e si arriva a fondersi quasi con i personaggi.
Silvia Mangieri