Il titolo è piuttosto enigmatico: “L’amante delle sedie volanti” e per la maggior parte dell’umanità forse del tutto incomprensibile… Amore, sedie che volano, ali…. Per alcuni Palermitani, invece, il mistero è di risoluzione piuttosto semplice. Sedie volanti è il nome di una via della Palermo vecchia. Una strada che nella denominazione contiene precise indicazioni circa la sua natura, e infatti, in questa via diversi secoli addietro, si fabbricavano o vendevano delle sedie, ma non quelle del tipo comune, ma sedie a forma di portantina, che proprio perché venivano portate a spalla e stavano sollevate dal terreno erano dette appunto, sedie volanti. Ora mi piacerebbe parlare di tante cose legate alla vecchia Palermo, come ad esempio delle vie che portano ancor oggi il toponimo connesso all’attività o al mestiere esercitato dai residenti, tipo via dei Crocifissari (fabbricanti di crocifissi in osso), via dei Candelai (fabbricanti e venditori di candele) oppure del vicolo degli Schioppetteri (che già si commenta da solo). Mi piacerebbe tanto parlare dei Vastasi, che erano gli addetti al trasporto delle sedie volanti; gente di bassissimo ceto, sempre ubriaca e dedita alla lite. Pensate che ancor oggi il termine vastaso è sopravvissuto allo stesso mestiere e si usa per definire una persona molto maleducata. Ecco mi piacerebbe parlare di tutto questo, perché la lettura dell’ultimo meraviglioso libro di Maria Tronca, L’amante delle sedie volanti, mi ha tuffato e immerso nella dimensione spazio temporale di una Palermo oramai sopravvissuta solo nei libri e nei racconti della gente. Una lettura che è come un salto in un passato puro e fiabesco dove la bellezza del romanzo è data da un modo d’esprimersi fresco e originale, intercalato con spontanea naturalezza da termini, espressioni dialettali e modi di dire prettamente palermitani che si fondono in un tutt’uno con l’azione, la narrazione e l’ambientazione, portandoti alla logica conseguenza che il romanzo non poteva scriversi in altro modo se non questo.
La scioltezza del linguaggio, pur se infarcita da vocaboli e modi di dire in siciliano è facilmente comprensibile anche ai non conterranei, che sono catturati dal fascino della parlata, che non è altro che emanazione dell’amore di Maria Tronca per la sua città natale. Ecco, questa identità della scrittrice, saldamente legata alle radici della sua terra, riesce a proiettare il lettore al centro della realtà palermitana, a cucirti addosso la Sicilia con tutta la sua forza, colore e raggia. D’altronde tutti i vocaboli sconosciuti ai più, sono inseriti nel discorso con gran semplicità, senza alterare la comprensione della frase, anzi rafforzandola con la sua musicalità.
La storia narrata è molto originale, semplice, e stramba, quasi una favola. Purtroppo non posso riassumerla o commentarla per non togliere il piacere della lettura, ma bisogna riconoscere alla scrittrice che l’idea di scrivere di una seggia che parla, che comunica come tutti gli altri esseri umani, capace di avere sentimenti anche estremi, come amare oppure odiare è decisamente una trovata geniale.
I protagonisti secondari, come Nicolino Arraggia, Raffaele Li Causi, Mario Raccuglia, Ruggero Crispi e tutti gli altri che girano negli anni attorno alla sedia, sono altamente ben caratterizzati, sia nel profilo psicologico che strutturale e i loro nominativi resteranno di sicuro nei ricordi di chi ha amato il questo libro.
Quanto a Maria Tronca, dopo lo splendido esordio con Rosanero, possiamo dire a buon titolo, che la sua seconda prova L’amante delle sedie volanti, continua felicemente nello stesso solco ritmico tracciato dal primo romanzo, ammaliando il lettore con una narrazione semplice e musicale, dove il dialetto, o i modi di dire palermitani, conferiscono maggiore incisività alla storia di una sedia, protagonista in una Sicilia senza speranza, ma colorata.
La trama
Palermo, 1943: sulle macerie del palazzo dei principi Termini di Villafiorita, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, Nicolino Arraggia, un umile “robavec-chiaro”, trova una sedia di incredibile bellezza, a forma di donna. Il prezioso manufatto, realizzato nel Duecento per la principessa Isidora dal più illustre mastro d’ascia della corte imperiale palermitana, nasconde poteri magici. Stregato dalla sedia, Nicolino deciderà di restituirla ai legittimi proprietari solo alla sua morte e vivrà con lei come fosse la sua compagna, godendo delle gioie che gli concede. La donna di legno è infatti inspiegabilmente viva e comunica con chi la possiede, regalando felicità ai puri d’animo e rovinando la vita a chi è incapace di vero amore. Sottratta a Nicolino da Mario Raccuglia, un funzionario statale avido e corrotto, la sedia passerà tra le mani di altri uomini: Raffaele Li Causi, un notaio gentile e generoso, e Stefano, un professore freddo e rapace. Tutti cadranno vittime del suo fascino, cedendo al suo suadente richiamo. Fino a quando, nel 2009, la sedia reclamerà di tornare dalla sua padrona, Angelica Termini di Villafiorita, una giovane nobildonna che vive reclusa nel proprio palazzo, negandosi l’amore a causa del suo aspetto, fra la bella e la bestia. Quando Angelica scoprirà che la sedia è sopravvissuta ai bombardamenti e che è l’unico rimedio a un dolore terribile e antico che si tramanda da generazioni, farà di tutto per tornarne in possesso.
Maria Tronca (Palermo, 1962) vive tra Milano e Palermo ed è direttrice editoriale di www.codavispa.it, un portale interamente dedicato agli animali, domestici e non. È inoltre co-fondatrice di Coda Vispa Social Club. Per La Tartaruga edizioni, nel 2010, ha pubblicato Rosanero, suo romanzo d’esordio, che ha riscosso un buon successo di pubblico e di critica.
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